Gli Arredi

Ricco e pregevole, l'arredo interno della chiesa si caratterizza per l'inserimento nella struttura architettonica precedente degli altari contro-riformistici che tra il XVI e il XVII secolo sostituirono l'antica decorazione ad affresco, riemersa frammentaria con i restauri del 1965.

Iniziando da destra,  il primo altare del 1629 ca. ospita un bel dipinto (1) con San Nicola da Tolentino, di un artista fiorentino del Seicento, incorniciato da una tela (2) con una Gloria d'angeli e di santi. L'animata composizione, con il "trompe l'oeil" dell'angioletto che regge il quadro centrale ed i bei brani di San Giovanni Evangelista e della fanciulla incatenata dal demonio, vive di un pittoricismo ricco e luminescente che la rivela opera di un artista fiorentino della seconda metà del XVII secolo.

Segue il primo dei sei confessionali incassati (3), realizzati nel 1733 per volontà di Fra Agostino Zanna . 

Del 1629 è il successivo altare, ornato da un'Immacolata Concezione dipinta da Jacopo da Empoli e bottega (4). La tela propone un'iconografia controriformistica esaltante il dogma dell'Immacolata Concezione e il ruolo salvifico della Vergine, messi in dubbio dai protestanti: Maria in gloria schiaccia la testa del serpente sull'albero del peccato a cui sono incatenati Adamo ed Eva; Intorno, i santi in adorazione ne convalidano il culto. La pittura più rarefatta e abbozzata dell'Empoli tardo si scalda sopratutto nel brano dei Progenitori i cui corpi di pittorica morbidezza testimoniano lo studio dal modello naturale. All'interno della tela vi è una tavola centinata con la Madonna di Loreto (5), opera degli inizi del secolo XVI del pratese Tommaso di Piero che vi dipinse un'interessante raffigurazione del Santuario Lauretano.

Al terzo altare si trova la tela con Cristo che scaglia frecce (6), S. Agostino e altri sei santi, firmata e datata 1638 dal pittore senese Astolfo Petrazzi, allievo del Vanni a cui si richiamano il patetismo e la pittura morbida e sfumata della parete superiore.

Nel 1640 fu edificato dai Leonetti il successivo altare che reca un'opera tipica della corrente ottocentesca: la Sacra Famiglia ambientata nella bottega da falegname di Giuseppe (7), dipinta da Pietro Pezzati, allievo e collaboratore di Antonio Marini.

Si passa un portale seicentesco (8) e una cantoria in pietra (9) degli inizi del sec. XX e si accede al primo presbiterio dove troviamo il monumento funebre di Antonio Desii (1697) con un busto marmoreo (10) attribuito all'ambito di Giovanni Battista Foggini e un affresco staccato (11) proveniente dal vestibolo del convento con la Madonna e Santi, databile alla metà del secolo XVI.

Entrati nella cappella di destra, tra due lapidi sepolcrali è l'altare dei Buonamici che ha una bella tavola del 1603 con il Battesimo di Sant'Agostino (12), del fiorentino Giovanni Bizzelli.
La composizione, dalla solenne ambientazione, è giocata sui larghi controluce delle figure in primo piano stagliate sull'azzurrino della sfogata veduta di città sullo sfondo, mostrando l'influenza del Passignano e della pittura veneta. Ciò è evidente anche nella conduzione pittorica ricca di preziosità luministiche e attenta a definire con pochi tocchi di colore le figure del fondo, la fiamma delle candele o la serica lucentezza delle vesti. 

L'imponente e scenografico altare maggiore (13) eretto nel 1745, ospita due angeli in stucco di Carlo Socci e una tela con Sant'Agostino in adorazione del Crocifisso e della Vergine col Bambino, opera del pittore pratese Mattero Bartini.

L'arredo della zona antistante (14) è stato invece realizzato nel 1984 dallo scultore Jorio Vivarelli.
Del coro, opera di Simone del Riccio 1466, (16) andato smarrito dopo i gravi danneggiamenti del 1944, rimangono alcuni frammenti ricuperati nella cattedra e il Badalone (15)  in noce del 1547, attribuito al pratese Filippo Filugelli.

Sulla parete vi è un affresco staccato (17) degli inizi del secolo XV con Madonna col bambino.
Entrando nella sagrestia si segnalano la tela seicentesca con l'Elemosina di San Tommaso da Villanova (18) attribuita al pittore Giovan Pietro Naldini, caratterizzata dalla veridica rappresentazione dei mendicanti, e il dipinto di intonazione purista con l'Assunta entro la propria cornice neo-rinascimentale (19) eseguito nel 1876 da Alessandro Franchi.

A sinistra l'abside si apre la Cappella Buonamici della volta affrescata (20) tra il 1595 e il 1599 dal pittore pratese Giovanni del Grasso con la Resurrezione di Lazzaro e la Resurrezione del figlio della Vedova, Virtù, figure allegoriche e grottesche.

Sulle pareti, insieme ad un affresco staccato (21) degli inizi del sec. XIV con Sant'Agostino lapidi sepolcrali della famiglia Buonamici fra cui quella del canonico Giovan Francesco (1588) con busto in marmo (22) dello scultore fiorentino ValerioCioli.

Sull'altare, bel dipinto della fine del Cinquecento di Jacopo da Empoli e bottega con Madonna col Bambino in gloria e Santi (23) dove dalla parte superiore pittoricamente sfumata si passa alla nitida evidenza dei Santi in primo piano che emergono per la ritrattistica caratterizzazione dei volti e la lucida descrizione delle vesti.

Proseguendo si incontra una tavola della fine del secolo XVI con la Madonna col Bambino tra i Santi Michele e Agostino (24), attribuiti al pratese Niccolò Latini che conduce illustri citazioni da Andrea del Sarto e da Pontormo in uno stile eclettico e stravagante, di forte vivacità cromatica anche se non sempre sorretto da un solido impianto disegnativo.

La sepoltura del canonico Querni (25) con busto marmoreo (1730) precede il quarto altare della navata con Sant'Agostino che contempla il mistero della Trinità (26), tela del secolo XVIII attribuita al senese Raffaello Vanni.

Capolavoro pittorico della chiesa e opera fra le più intense del Seicento fiorentino è la pala successiva con l'Elemosina di S. Tommaso da Villanova (27), firmata e datata 1660 da Lorenzo Lippi. Una luce limpida e trasparente evidenzia simbolicamente il gesto del santo, l'elegante figura del munifico gentiluomo ed esalta la naturalistica raffigurazione della turba di poveri e malati che assurge a vera protagonista del dipinto, con brani di raffinatezza pittorica e lirica potenza evocativa.

Commissionata dalla "Compagnia della cintura" al pittore Giovan Battista Naldini che la eseguì verso il 1591 con l'aiuto di allievi, è la pala seguente con la Madonna della Consolazione che appare fra Sant'Agostino e Santa Chiara (28). La madonna dona i cintoli, simbolo della compagnia, a un'umanità fatta di potenti e di gente comune.

E se l'eleganza e i contrappunti di tipo manierista sono ancora evidenti nella donna col bambino e nel giovane col mantello, la pittura compatta, i toni smorzati dall'ombra grigia del fondo e la didascalica struttura compositiva rivelano già gli intenti controriformisti del Naldini, ritratto nell'uomo col turbante.

Un crocifisso ligneo (29) tardo barocco occupa oggi il primo altare di destra mentre sulla controfacciata (30) vi sono labili tracce di affreschi databili tra il XVI e il XVII secolo.

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