Stodia della Chiesa di Sant' Agotino

Chiesa - S. Agostino - Santuario dell'Eucaristia

Non lontano dalla Pieve di Santo Stefano, in località Serraglio, fuori della seconda cinta muraria, i padri agostiniani nell'anno 1270 iniziarono a costruire la loro casa, con chiesa, campanile e tutto ciò era di pertinenza ad un operoso ordine monastico.

Iniziavano in questo anno anche i contrasti con il clero di Santo Stefano causati, al momento, dal mancato rispetto, da parte dei frati, del privilegio pontificio che vietava di costruire luoghi ecclesiastici nella giurisdizione della propositura, senza il consenso del clero di questa.

In realtà ciò che maggiormente offendeva la propositura era il fervore, non sempre disinteressato, con il quale i frati agostiniani cercavano di attirare fedeli e seguaci sminuendo il prestigio del clero di Santo Stefano.

Trovato nel 1271 un accordo fra il proposto Alcampo e il priore degli agostiniani Placido i frati ottennero  ufficialmente il permesso di costruire la chiesa che venne realizzata di lì a poche  anni poiché,  insieme  al chiostro del convento,  appare  citata  in  un  documento  del  1274.
È  difficile  oggi ipotizzare quale aspetto avesse l'edificio poiché tanti sono stati gli interventi che ne  hanno  mutato  le  caratteristiche.

Sappiamo che faceva  parte  del complesso conventuale un oratorio, oggi perduto, dedicato a Sant'Alessio, che, distrutto nel 1316 per realizzare i fossi e le ripe della terza cinta muraria, venne riedificato a spese del Comune nel 1333.
In passato l'oratorio di Sant'Alessio è stato più volte identificato con l'originaria chiesa degli agostiniani, quella appunto edificata alla fine del XIII secolo.

Oggi siamo più propensi nel ritenerlo, al pari dell'oratorio di San Michele Arcangelo,(annesso al complesso di Sant’Agostino), uno dei luoghi di accoglienza delle numerose associazioni laicali che si riunivano presso il convento.
La chiesa attuale, a pianta basilicale, ha una posizione sopraelevata rispetto alla piazza e vi si accede mediante una scalinata.

La sovrasta l'imponente campanile a pianta rettangolare con coronamento piramidale e cella campanaria delimitata da cornici a dente di sega, le stesse che ritroviamo nel sottogronda della facciata e delle fiancate. Nonostante alcune aperture tamponate, evidenti sul lato destro, la muratura dell'edificio, nel complesso, presenta carattere uniforme.
Questo potrebbe dimostrare come l'edificazione della chiesa, almeno nelle sue strutture essenziali, sia avvenuta in un unico momento.

Il portale di accesso, con belle ante in legno della fine del Cinquecento, presenta scolpiti sull'architrave, databile al terzo‑quarto decennio del XV secolo, gli stemmi del Comune di Prato, di Francesco, di Marco Datini e del Ceppo Nuovo, che, come vedremo, patrocinò modifiche e restauri alla chiesa e al convento fra l'inizio del Quattrocento e la metà del secolo.
All'interno, dove stili e tendenze si sovrappongono, furono essenzialmente tre gli interventi che in epoche diverse, non senza qualche dissonanza, contribuirono a creare l'attuale aspetto della chiesa.

Di epoca gotica sono le tre cappelle absidali con archi a sesto acuto, costoloni sulle volte e belle mensole dai ricchi fogliami finemente intagliati. Proprio l'intaglio delle foglie di acanto, così frastagliato, e il vibrante naturalismo di queste, farebbe supporre una datazione precoce nel XIV secolo.

A partire dal 1414 fino alla metà del Quattrocento la chiesa fu oggetto di importanti ristrutturazioni finanziate dai rettori del Ceppo Nuovo. Risale a questa fase di interventi, presumibilmente al 1440, la realizzazione delle colonne cilindriche e dei peducci a foglie d'acqua delle navate la cui tipologia rimanda alle michelozziane fabbriche del Trebbio e Bosco ai Frati.

Questo confronto, oltre a legare la chiesa di Sant'Agostino a Michelozzo e a tutto l'ambiente del grande architetto fiorentino, mette in evidenza come sia stata forse condotta un'errata lettura del monumento quando si sono private le colonne del loro intonaco, che invece si conserva ancora nelle fabbriche del Trebbio e Bosco ai Frati. Dalla fine del Cinquecento nuovi interventi contribuirono a modificare l'aspetto interno della chiesa. Nel XVII secolo, lungo le pareti delle navate, vennero collocati gli otto altari a edicola, di forma pressoché uguale, e nel 1745 fu eretto l'imponente altare maggiore.

L’attuale ambientazione del presbiterio si è ispirata alle indicazioni del concilio Vaticano II.

Gli arredi
Chiesa S. Agostino
 

Oratorio di S. Michele Arcangelo

 

Il piccolo luogo di culto all'interno del complesso conventuale di Sant'Agostino, compreso fra la sala capitolare ed il vestibolo del convento, è l'Oratorio di San Michele Arcangelo.

Vi risiedeva una compagnia di disciplinati formatasi sicuramente fra il secolo XIV e il XV sulla scia del fervore che aveva determinato la grandiosa affermazione delle congreghe di ispirazione penitenziale.

La prima testimonianza della Compagnia di San Michele è la grande immagine dell'Arcangelo dipinta, nel primo decennio del secolo XV, sulla volta dell'oratorio.

San Michele è qui rappresentato con spada e corazza, attributi del guerriero e difensore del popolo cristiano, mentre le bilance, scolpite a rilievo sulle imposte del portale di accesso, alludono al suo ruolo di giudice e pesatore di anime.

San Michele è per questo invocato protettore delle confraternite seppellitrici e gli si dedicano anche le cappelle funebri.

L'Oratorio di San Michele, oltre che sede della compagnia, fu sicuramente cappella funebre del convento.

Comunicante con la sala capitolare, luogo di sepoltura dei frati dove venivano prima esposti, servì anche per funzioni funebri a laici defunti e confratelli.

Di questi sappiamo che vestivano cappe cerulee e sfilavano in processione, portando ceri, in occasione delle grandi ricorrenze religiose.

La compagnia fu soppressa nel 1783 per decreto del vescovo Scipione de Ricci; venne poi ripristinata nel 1792 sotto il titolo di San Michele Arcangelo e della Beata Vergine di Consolazione.

Si accede all'oratorio, un tempo comunicante con il secondo chiostro, dal vestibolo del convento.

Sono del 1618 il portale di accesso, con incisa sull'architrave la dedica dell'oratorio e le imposte opera del legnaiolo Cosimo Casini.

All'interno troviamo un vano rettangolare, realizzato presumibilmente all'inizio del secolo XIV, coperto da volte a crociera ribassata concluse da un sottarco impostato su semipilastri poligonali.

Oltre questo vano si trova il presbiterio, a pianta quadrata, costruito sicuramente più tardi, coperto da volte con archi a tutto sesto sostenute da grandi peducci angolari.

Originariamente l'oratorio doveva essere completamente affrescato. É andata quasi perduta la crocifissione che si trovava sulla controfacciata e ci è pervenuta assai frammentaria la decorazione in terretta verde delle pareti della navatella.

Vi si trovano rappresentati, entro uno spazio concluso in alto da un arco, ventuno Santi per parete e otto Profeti sul lato minore della navata.

Di difficile interpretazione dottrinale, ormai abbandonata l'ipotesi di coincidenza del "Credo profetico" con il "Credo apostolico" (ad ogni articolo del Credo recitato da un apostolo corrispondeva un versetto della Bibbia recitato da un profeta) questa teoria di santi, databile al primo decennio del secolo XV, rappresenta, per invenzione compositiva, una delle espressioni più originali della pittura tardogotica a Prato.

Recentemente questi affreschi sono stati messi in relazione con l'attività di Antonio di Miniato, un modesto pittore fiorentino, collaboratore del più dotato fratello Pietro, autore fra l'altro, di alcune delle pitture in terretta verde nella cappella di Santo Stefano nelle Volte presso il Duomo e di un affresco nella chiesa di Parmigno.

Il presbiterio, illuminato da tre grandi finestre, due delle quali dai chiari caratteri tardo-cinquecenteschi, presenta sulle pareti due sinopie, databili all'inizio del Quattrocento, dove sono appena riconoscibili, a destra, una scena di presepe e, a sinistra, alcuni personaggi con le mani giunte.

Sull'altare si trovava una tavola, ora collocata nella chiesa di Sant’Agostino, con la Madonna col Bambino, San Michele Arcangelo e Sant'Agostino. Murata nel pilastro di sinistra, possiamo ammirare una pregevole acquasantiera in marmo verde dell'inizio del secolo XVII e, dietro l'altare, un crocifisso in legno policromo le cui forme barocche trovano la massima espressione nel ricco perizoma dorato.

Sempre dietro l'altare, proveniente dalla chiesa di Sant'Agostino, si trova un magnifico stucco dipinto e dorato, databile verso la metà del secolo XV, raffigurante la Madonna col Bambino e lo stemma della famiglia Tempi.

Appartiene ad una serie numerosissima, all'incirca cinquanta pezzi, il cui archetipo viene fatto risalire, dalla critica ormai unanime, alla bottega di Lorenzo Ghiberti.

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