S.
PIER GIULIANO EYMARD (1811-1868) Fondatore della Congregazione del SS. Sacramento (Sacramentini)
|
||||||
|
||||||
Pier Giuliano Eymard - vissuto
in Francia nel secolo scorso - ha definito se stesso un Giacobbe sempre
in cammino. Il suo è stato un cammino segnato dall’ascolto continuo e
disponibile alla voce di Dio, dal lento lavoro dello Spirito, dal gioco
paziente di circostanze provvidenziali. Scriveva tre anni prima della
sua morte: “Quanto mi ha amato il Buon Dio! Egli mi ha condotto per
mano fino alla Congregazione del SS. Sacramento! Tutte le grazie sono
state grazie di preparazione, tutti i miei stati un noviziato! Sempre il
SS. Sacramento ha dominato!” (Ritiro di Roma 1865). Fin dall’infanzia la vita di
fede di Pier Giuliano Eymard fu segnata dall’Eucaristia; erano,
infatti, frequenti le sue visite al Sacramento. La decisione di
diventare prete la prese proprio il giorno della sua prima Comunione. Ci
volle tempo, però, prima che l’Eucaristia diventasse veramente il
centro della sua spiritualità e dei suoi progetti apostolici. C’è una stretta unione tra
l’evoluzione personale e quella apostolica. Risulta quasi impossibile
separare le tappe di una dalle tappe dell’altra. Il breve periodo di noviziato
presso gli Oblati segna il primo passo nel suo cammino eucaristico. Nel
periodo trascorso come sacerdote diocesano vive una particolare
esperienza che gli mette in luce l’amore di Dio. La sua visione
spirituale marcata dall’ascetica penitenziale, dal negativo, evolve in
una visione positiva della vita, e l’amore di Dio sarà colto in modo
del tutto particolare nell’Eucaristia, sacramento dell’amore per
eccellenza. In più fu influenzato dagli
scritti di Marie Eustelle Harpain, mistica della Comunione, e più tardi
da una frequentazione più assidua dei Padri della Chiesa e degli autori
ecclesiastici e da un approfondimento della dottrina del Concilio di
Trento. La meditazione profonda della spiritualità paolina e
soprattutto giovannea costituì un elemento forte nella sua evoluzione. Un intreccio di esperienze
spirituali personali e di iniziative apostoliche segna nelle varie tappe
l’evoluzione della sua vocazione di fondatore. Durante una processione
eucaristica nel 1845, egli, portando il Santissimo, si sentì afferrato
da una grande forza spirituale, e chiese a Dio la grazia dello zelo
apostolico di san Paolo per diffondere la conoscenza di Gesù Cristo. Una visita a Parigi
nell’anno 1849, nella veste di Provinciale dei Maristi (congregazione
in cui era entrato nel 1839), gli permise di conoscere alcune figure
importanti del movimento dell’Adorazione Notturna, ma soprattutto
colui che sarebbe diventato un giorno il suo primo compagno nella
fondazione dell’opera eucaristica: il conte Raymond De Cuers, nonché
la fondatrice dell’Adorazione Riparatrice, Madre Marie-Thérèse
Dubouché. Nel 1851 al santuario mariano
di Fourvière (Lione), visse una profonda esperienza spirituale in cui
comprese la necessità dell’Eucaristia per il rinnovamento della vita
cristiana e della formazione approfondita per sacerdoti e laici. Scrive
in quel periodo: “Ho spesso riflettuto sui rimedi a questa
indifferenza universale, che si impossessa in maniera spaventosa di
tanti cattolici, e ne trovo uno solo: l’Eucaristia, l’amore a Gesù
eucaristico. La perdita della fede proviene dalla perdita
dell’amore” (lettera del 22 ottobre 1851). “Bisogna mettersi
subito all’opera, salvare le anime con l’Eucaristia e risvegliare la
Francia e l’Europa sprofondate nel sonno dell’indifferenza perché
non conoscono il dono di Dio, Gesù l’Emanuele dell’Eucaristia.
Bisogna spargere la scintilla dell’amore dentro le anime tiepide che
si credono pie e non lo sono perché non hanno fissato il loro centro e
la loro vita in Gesù nel tabernacolo” (lettera dell’11 febbraio
1852). La sua vocazione eucaristica nasce, in gran parte, da questa
constatazione che è per lui un appello, una missione. Collaborando con il conte De
Cuers in vista della fondazione di un “Ordine del SS. Sacramento”
sperimentò, nell’aprile del 1853, ciò che chiamò più tardi una
“grazia di donazione”, in riferimento ai progetti eucaristici, senza
che egli capisse tuttavia che ciò l’avrebbe obbligato a uscire dai
Maristi. Nei seguenti tre anni visse l’attrazione all’opera
eucaristica insieme a forti tensioni nell’interno della sua
congregazione, che culminò nella fondazione della Congregazione del SS.
Sacramento a Parigi, nel maggio del 1856, e lo scioglimento dei suoi
voti come marista per essere così libero di dedicarsi totalmente
all’opera eucaristica. La vita eucaristica che
propone non si riduce alla sola dimensione contemplativa. Egli scrive:
“Una vita puramente contemplativa non può essere pienamente
eucaristica: il fuoco ha una fiamma” (lettera del 1° maggio 1861). In seguito fondò le Ancelle
del SS. Sacramento, l’Associazione dei sacerdoti adoratori e
l’Aggregazione eucaristica per i laici. Si impegnò nell’opera delle
prime comunioni degli adulti e dei giovani operai, nella predicazione,
nella direzione spirituale, in un apostolato molteplice. L’ispirazione
dei Congressi eucaristici internazionali è certamente riconducibile
alla sua influenza. L’evoluzione della sua
comprensione dell’Eucaristia non si arrestò con la fondazione
dell’opera eucaristica, ma continuò fino alla morte. Eymard ha sempre
approfondito la sua comprensione del Sacramento, oltrepassando
l’accento dei primi tempi posto sulla riparazione in una visione
sempre più ampia e completa del Sacramento, evidenziando la dimensione
dell’azione di grazie, mettendo la celebrazione dell’Eucaristia al
primo posto, e approfondendo il senso dell’Eucaristia come sacramento
di formazione interiore del cristiano, soprattutto attraverso la
Comunione sacramentale, compresa come luogo dell’educazione
dell’anima da parte di Gesù Cristo. È stato fautore instancabile
della Comunione frequente. Il suo ideale era di lasciarsi plasmare
dall’Eucaristia, quale sacramento dell’amore, collocata “al
centro” (immagine frequente nei suoi scritti) della sua spiritualità
e di quella di tutti i cristiani. Il pensiero di Eymard sulla
messa, come punto culminante di tutta l'esperienza cristiana, è racchiuso
in un passo scritto nel 1863: “Il sacrificio della santa messa e la
comunione al Corpo del Signore Gesù Cristo, tra tutte le azioni sacre,
sono senza dubbio il fine e la vita di tutta la religione; dunque
ciascuno indirizzi, come mezzi al loro fine, la pietà, la virtù e
l'amore ad onorare e a ricevere degnamente questi divini misteri”
(Textus IV, 432). Durante un lungo ritiro a Roma
nel 1865 compì un’ultima tappa parlando del “regno eucaristico interiore” che conduce il
credente al “dono di sé” in unione a Gesù al Padre, con una più
spiccata dimensione trinitaria ed ecclesiale. Il cammino vissuto alla
luce dell’Eucaristia era giunto a maturazione, Eymard si lascia
plasmare dallo Spirito per diventare Eucaristia, dono, perché sia
Cristo a vivere in lui (cfr. Gal 2,20). “Gesù è in me per vivere in
me per il Padre. Per rimanere in me in questo modo egli si dona nella
comunione. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il
Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me (Gv 6,57)”
(Ritiro di Roma 1865). “È la grazia della santità mediante
l’Eucaristia” (Ritiro del 1867). Promotore della liturgia
romana, si oppose energicamente alla liturgia gallicana. Nonostante le
frequenti malattie e le notevoli esperienze di sofferenza di ogni genere
(problemi economici, opposizioni, incomprensioni, umiliazioni e perdita
di stima) che hanno contrassegnato gli ultimi anni, le parole di Eymard
sono ardenti come fuoco e le sue lettere di direzione spirituale ricche
di inviti alla gioia e al ringraziamento a Dio. Termino presentando uno
scritto di Pier Giuliano Eymard, in cui viene in risalto la dimensione
sociale dell’Eucaristia, la forza che possiede questo sacramento di
rinnovare la società: “Il culto solenne dell’esposizione è
necessario per risvegliare la fede addormentata di tanti uomini onesti
che non conoscono più Gesù Cristo, perché non sanno che più che è
loro vicino, loro amico e loro Dio... È necessario per salvare la
società. La società muore perché non ha più un centro di verità e
di carità, non ha più vita di famiglia. Ognuno si isola, si concentra
su se stesso, vuole essere autosufficiente; la dissoluzione è
imminente. Ma la società rinascerà piena di vigore quando tutti i suoi
membri verranno e si riuniranno attorno al nostro Emanuele. I rapporti
si riformeranno naturalmente sotto una comune verità; i legami di
amicizia vera e forte si riannoderanno sotto l’azione di un medesimo
amore; sarà il ritorno dei bei giorni del Cenacolo” (Le Très Saint
Sacrement, vol. I, 9-10). P.
Manuel BARBIERO sss |
||||||